Contesto
Da quasi quarant'anni la Colombia è sconvolta da una sanguinosa guerra civile tra governo,paramilitari e gruppi ribelli di estrema sinistra. I due principali gruppi ribelli sono le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e l'Esercito di Liberazione Nazionale (ELN). Dall'altro lato è schierato l'esercito che appoggia le Autodifese Unite della Colombia (AUC), milizie paramilitari responsabili di razzie e massacri di campesinos. All'origine di questo conflitto, praticamente l'ultimo in una America Latina quasi del tutto pacificata, vi è una enorme disparità sociale tra classi dirigenti e popolazione. La matrice ideologica del conflitto si è progressivamente perduta, e la gestione dei proventi del narcotraffico e dei sequestri rappresenta oggi l’ultimo vero ostacolo verso la conclusione delle ostilità.
I dati del conflitto sono drammatici: oltre 300.000 morti (ogni anno), due milioni di sfollati, più di 70.000
mine antiuomo, una media di sequestri di circa 3000 rapimenti l’anno per finanziare i diversi gruppi armati. Bambini e giovani sono le principali vittime del conflitto armato. Oltre ai bambini uccisi nel corso delle operazioni belliche, centinaia sono quelli morti o mutilati per le mine, per non parlare dei bambini (e bambine) soldato: inquadrati nei vari gruppi armati, sottoposti al rigore della vita militare, soggetti a violenza sessuale e ad abusi di ogni genere. Nonostante i tentativi di aprire tavoli di confronto e l’avvio di programmi di smilitarizzazione microregionale, l’economia del paese è in ginocchio: un quinto della popolazione è senza lavoro, il 20% vive con meno di un dollaro al giorno mentre i profitti del commercio di cocaina sono elevatissimi.
La regione costiera del Bolivar ha come capitale la città di Cartagena da Indias. Con quasi un milione di abitanti, Cartagena funge da catalizzatore per migliaia di persone (i desplazados) che fuggono dalla terribile guerra civile. Gruppi guerriglieri, paramilitari, esercito, narcotraffico e delinquenza comune rendono impossibile vivere nelle zone dell’interno, e rifugiarsi verso la capitale o le città della costa è spesso l’unica possibilità rimasta per molte famiglie. Nel Bolivar oltre il 57% della popolazione vive sotto il livello di povertà.
Il progetto si sviluppa nel paese di Marialabaja, un insediamento in cui convivono ricchezza ed estrema povertà ad un'ora da Cartagena. E’ un settore rurale dell’interno con una popolazione di circa trentamila abitanti nel centro più ulteriori 40 mila nei paesini del municipio in gran parte dediti all’agricoltura. Non esiste nessun tipo di industria tranne un oleificio per la palma africana, installato quest’anno, per trasformare il prodotto delle coltivazioni aggiunte recentemente. Il territorio è quasi totalmente piano meno una parte collinosa verso i “Monti di Maria”, zona selvaggia teatro in questi ultimi anni di sanguinosi scontri e di grande violenza.
La politica è sfacciatamente clientelare e l’amministrazione pubblica non è in grado di rispondere alle necessità della comunità. La corruzione è evidente e generalizzata. I servizi sono molto carenti, le strade fangose, piene di baracche provvisorie. L’acqua non è potabile e per questo motivo i bambini soffrono di ogni genere di infezioni intestinali, di malattie respiratorie e di denutrizione. I genitori si spostano spesso alla ricerca di lavoro e i bambini crescono soli, senza adulti di riferimento. Il tasso di partecipazione scolare è spesso inferiore al 50 % (la copertura è buona, la qualità lascia molto a desiderare). Molti non possono frequentare le scuole perché non hanno i soldi per acquistare i libri e l’uniforme, altri la frequentano solo per brevi periodi, quando non seguono gli spostamenti familiari.
Da quasi quarant'anni la Colombia è sconvolta da una sanguinosa guerra civile tra governo,paramilitari e gruppi ribelli di estrema sinistra. I due principali gruppi ribelli sono le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e l'Esercito di Liberazione Nazionale (ELN). Dall'altro lato è schierato l'esercito che appoggia le Autodifese Unite della Colombia (AUC), milizie paramilitari responsabili di razzie e massacri di campesinos. All'origine di questo conflitto, praticamente l'ultimo in una America Latina quasi del tutto pacificata, vi è una enorme disparità sociale tra classi dirigenti e popolazione. La matrice ideologica del conflitto si è progressivamente perduta, e la gestione dei proventi del narcotraffico e dei sequestri rappresenta oggi l’ultimo vero ostacolo verso la conclusione delle ostilità.
I dati del conflitto sono drammatici: oltre 300.000 morti (ogni anno), due milioni di sfollati, più di 70.000
mine antiuomo, una media di sequestri di circa 3000 rapimenti l’anno per finanziare i diversi gruppi armati. Bambini e giovani sono le principali vittime del conflitto armato. Oltre ai bambini uccisi nel corso delle operazioni belliche, centinaia sono quelli morti o mutilati per le mine, per non parlare dei bambini (e bambine) soldato: inquadrati nei vari gruppi armati, sottoposti al rigore della vita militare, soggetti a violenza sessuale e ad abusi di ogni genere. Nonostante i tentativi di aprire tavoli di confronto e l’avvio di programmi di smilitarizzazione microregionale, l’economia del paese è in ginocchio: un quinto della popolazione è senza lavoro, il 20% vive con meno di un dollaro al giorno mentre i profitti del commercio di cocaina sono elevatissimi.
La regione costiera del Bolivar ha come capitale la città di Cartagena da Indias. Con quasi un milione di abitanti, Cartagena funge da catalizzatore per migliaia di persone (i desplazados) che fuggono dalla terribile guerra civile. Gruppi guerriglieri, paramilitari, esercito, narcotraffico e delinquenza comune rendono impossibile vivere nelle zone dell’interno, e rifugiarsi verso la capitale o le città della costa è spesso l’unica possibilità rimasta per molte famiglie. Nel Bolivar oltre il 57% della popolazione vive sotto il livello di povertà.
Il progetto si sviluppa nel paese di Marialabaja, un insediamento in cui convivono ricchezza ed estrema povertà ad un'ora da Cartagena. E’ un settore rurale dell’interno con una popolazione di circa trentamila abitanti nel centro più ulteriori 40 mila nei paesini del municipio in gran parte dediti all’agricoltura. Non esiste nessun tipo di industria tranne un oleificio per la palma africana, installato quest’anno, per trasformare il prodotto delle coltivazioni aggiunte recentemente. Il territorio è quasi totalmente piano meno una parte collinosa verso i “Monti di Maria”, zona selvaggia teatro in questi ultimi anni di sanguinosi scontri e di grande violenza.
La politica è sfacciatamente clientelare e l’amministrazione pubblica non è in grado di rispondere alle necessità della comunità. La corruzione è evidente e generalizzata. I servizi sono molto carenti, le strade fangose, piene di baracche provvisorie. L’acqua non è potabile e per questo motivo i bambini soffrono di ogni genere di infezioni intestinali, di malattie respiratorie e di denutrizione. I genitori si spostano spesso alla ricerca di lavoro e i bambini crescono soli, senza adulti di riferimento. Il tasso di partecipazione scolare è spesso inferiore al 50 % (la copertura è buona, la qualità lascia molto a desiderare). Molti non possono frequentare le scuole perché non hanno i soldi per acquistare i libri e l’uniforme, altri la frequentano solo per brevi periodi, quando non seguono gli spostamenti familiari.
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